EVENTI - Massimo Gaggi Pomigliano e non solo Per agganciare la ripresa, aumentare l’occupazione e ridurre la precarietà c’è bisogno di nuovi contratti, agganciati alla produttività e al merito. Ma come ha fatto la Fiat o diversamente? Sapendo che l’industria è il 30% del pil, i servizi il 70% - Audi Palace Ne discutono Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl Federica Guidi, presidente Giovani Confindustria Alberto Tripi, presidente Almaviva, presidente Confindustria Servizi Luigi Brugnaro, presidente Umana, presidente Confindustria Venezia Massimo Gaggi, corrispondente Corriere della Sera da New York Conduce: Virman Cusenza, direttore Il Mattino La domanda è semplice, la risposta no: la Fiat manterrà in Italia la produzione delle sue automobili? Diciamo che dipende dal successo o meno del cosiddetto “modello Pomigliano”, dove si sta cercando di costruire un nuovo modello contrattuale e di relazioni sindacali, che sia tagliato sulle esigenze di competitività di un’azienda globale (vedi fusione tra Fiat Auto e Chrysler con sede in Usa). Ma le incognite sono molte, a partire dalla competizione spietata sul costo del lavoro che le nostre manifatture subiscono da paesi come la Serbia, dove Marchionne farà la monovolume invece che a Mirafiori. E non si tratta più di evocare il gigante cinese ma luoghi molto vicini. E allora la dura verità è che gli operai italiani sono in competizione con quelli della Polonia o del Brasile, altro mercato dove la Fiat vende molto e guadagna bene, e che la qualità delle maestranze di questi paesi non più è lontana da quella italiana. Forse, ormai, la scelta non dipende solo più da un radicale quanto necessario cambiamento del rapporto tra merito, salario e competitività (e non è questione che riguardi solo gli operai), ma dalla presa d’atto che bisogna puntare su produzioni manifatturiere meno legate ai costi e più alla qualità e all’innovazione di processo e di prodotto, e che i servizi sono ormai più “pesanti” dell’industria. Dibattito da non perdere.
SE INTERNET CADE NELLA RETE Le limitazioni imposte dalla Cina a Google sono il segnale che i tempi della libertà assoluta del web sono agli sgoccioli? Il domani di uno strumento di cui non possiamo più fare a meno - Audi Palace Ne discutono Stefano Maruzzi, country manager Google Italia Vittorio Bo, direttore scientifico Festival delle Scienze Roma Massimo Gaggi, giornalista Corriere della Sera, autore de “L'ultima notizia” (Rizzoli) Luca Bolognini, presidente Istituto italiano della Privacy, autore “Next Privacy”(Etas) Conduce: Sergio Luciano, "Cortina InConTra" Dalla censura in Cina, passando per la condanna italiana di Google per violazione della privacy, alla candidatura a premio Nobel per la pace: insomma, Internet fa notizia. E non potrebbe essere diversamente, visto che il web è ormai al centro della nostra vita in tantissime situazioni: il lavoro, l’intrattenimento, le vacanze, le relazioni sociali e il business. Quel che è certo è che la Grande Rete determinerà gli assetti dell’informazione e della comunicazione di domani, e quindi si sono creati i partiti di chi la criminalizza, di chi la ritiene la chiave per un futuro migliore e infine di chi non la capisce. La rivoluzione Internet è entrata in una seconda fase, quella della interattività, e tutti sono d’accordo che sono necessarie normative e regole nuove, che non siano il semplice adattamento delle vecchie e obsolete legislazioni sui media. Internet è certamente un mix di rischi ed opportunità, e l’Italia deve imparare a vedere non solo le minacce, ma anche ad abbracciare le novità. Venite all’Audi Palace e state certi che sarete on line. |