CORTINA RACCONTA -
CARAVAGGIO, UNA VITA IN CHIAROSCURO
CARAVAGGIO, UNA VITA IN CHIAROSCURO
Evento del:
26/08/2010 21:30
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Audi Palace
Data articolo:
26/08/2010
Contenuto pagina
Dopo un’ora di lectio magistralis la camicia di Vittorio Sgarbi è completamente madida, il suo ciuffo non tollera più le mille pettinate ed il pubblico in sala pare in visibilio. Entra in sala e tenta di ricordare il motivo del suo invito, non è impreparato su vita ed opere di Caravaggio ma il terreno su cui si muove con più disinvoltura è la politica. Demolisce a picconate la ministra Brambilla, inscena un siparietto che vede protagonista una giovane sgambata che invoca un dono dal premier il quale, a corto di poltrone, osa prima omaggiarla di un sottosegretariato e poi della tanta agognata suite ministeriale. Spara a zero sull’animalismo militante della rossa titolare del turismo, ironizzando su tutto: dalla silhouette alle dichiarazioni stampa.
Appena indossa i panni del critico d’arte, una follia mistica invade la sua magica lalìa trasformandolo in un aedo della cultura tricolore. Esordisce così, spiazzando tutti: «Caravaggio era il primo esponente delle Lega Nord, il primo personaggio che matura in Lombardia e deflagra a Roma. Esattamente come Bossi: contava poco a Varese, poi un giorno sbarca nella capitale con tanto di pattuglia verde e retorica secessionista. Diventa un eroe all’ombra del Colosseo». Timidamente ci si chiede: che cosa Caravaggio ha potuto mai vedere per diventare Caravaggio? Scatta in questi istanti il paragone inedito tra Michelangelo Merisi e Pier Paolo Pasolini. Nella smaniata necessità di vita, nella indomita ricerca di figure vere di uomini e cose, entrambi sono in bilico sul confine tra dottor Jekyll e mister Hyde. «Pasolini, cacciato dal PCI perché si intratteneva teneramente con giovani ragazzi ed allievi consenzienti, era un Caravaggio del Ventesimo Secolo. Divaghiamo un attimo: la ricostruzione ufficiale dell’omicidio fascista non regge. Era un classico personaggio caravaggesco, uno con la doppia vita. Che la vita stessa ha finito per dannare e maledire».
La travolgente narrazione sgarbiana si accompagna alle immagini dei capolavori del Merisi. Si indugia sul “Bacco malato”, affetto da AIDS, o da un’altra malattia mortale, secondo il sindaco di Salemi. Caravaggio intende rappresentare la realtà così com’è. E non si preoccupa di portare in scena un malato, anzi lo fa deliberatamente. Prima di lui, i personaggi del mondo antico avevano significato potenza e vigore, ma la realtà è molto più complessa e la bellezza non sempre invade i nostri spazi esistenziali. Caravaggio ha dunque inventato la fotografia, nel preciso instante in cui non ha preteso che i suoi personaggi fossero in posa. La natura colta di sorpresa si fa scoprire come una donna esuberante, Caravaggio, disvelandola con disinvoltura, si conferma l’antesignano dello scatto fotografico, come si può ammirare nel “Fanciullo punto dal ramarro”. Strepitosa poi la descrizione di una Maddalena pentita: «È il primo caso in cui un personaggio in posa si addormenta ed il pittore Caravaggio, anziché ridestarla, le ruba il sonno e lo imprigiona nella tela. È il primo pittore al mondo che comprende quanto il sonno sia più espressivo della veglia. Quella che ritrae è una maddalena redenta, ma inconsapevole».
Si passa poi alla “Vocazione di San Matteo”, definito da Sgarbi il più bel quadro del ‘600, sebbene dipinto nel ‘500. È avanguardia. Si tratta del primo pittore che dipinge una stanza chiusa e buia. Il Cristo entra in una trattoria sordida e non viene neppure notato, ha però una forza eversiva data anche dai costumi d’epoca che consentono di non far ricorso ai classici panneggi evangelici. Sono contemporanei. Così come tutta l’arte. Per una chiara ragione: noi saremo morti ed il quadro continuerà a splendere nei secoli. La drammaturgia di Sgarbi è incontenibile: «i bronzi di Riace sono sopravvissuti per 2500 anni sott’acqua e sotto le intemperie, oggi - dopo trent’anni di vita in superficie - vengono giudicati fragili da una Sovrintendente incompetente. Sono in realtà trattenuti dalla ‘ndrangheta che considera ladri tutti quelli con cui non può contrattare. Abituati a fregare, temono di poter essere fregati loro». Le conclusioni sono invece riflessioni personali: «non dico parolacce, cito poeticamente parolacce» ed il delirio sgarbiano finisce per coinvolgere le folle in un ballo della saggezza cui tutti sono invitati.
Un baccanale culturale che restituisce il sorriso ed aggiunge sapienza, un rito orgiastico in cui l’apprendimento è il momento di vero godimento.
Evento correlato: CARAVAGGIO, UNA VITA IN CHIAROSCUROIn occasione dei 400 anni dalla morte, proprio mentre la Chiesa annuncia la scoperta di una sua opera inedita, abbiamo chiesto a Vittorio Sgarbi di ripercorrere storia e opere di un artista straordinario e tormentato giovedì 26 agosto 2010 21.30 - Audi Palace
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