​L’esecutivo affronta senza paura il pubblico di “Cortina InConTra”, ci sono il ministro ed il sottosegretario cui è affidata la supervisione dell’attuazione del programma. Ma prima ancora che di progetti, tocca parlare di politica. Gianfranco Rotondi è oggi ministro, ha mosso i primi passi politici nella Democrazia Cristiana avellinese, è stato addirittura trai titolari del logo dello Scudocrociato, è approdato al fianco di Buttiglione e se ne è discostato per rifondare un partito, la Nuova Democrazia Cristiana per le Autonomie, consentendo la vittoria di Silvio Berlusconi.  Daniela Santanchè, è da poco sottosegretaria. Ha militato a destra, da responsabile donne della disciolta Alleanza Nazionale. Poi, in rotta di collisione col suo leader Fini, ha abbandonato il partito, scommettendo sulla sfida titanica della Destra di Storace addirittura da candidata premier. Ha litigato anche con il segretario della Fiaccola Tricolore ed ha fondato una nuova sigla, il Movimento per l’Italia, accasandosi chez Berlusconi.

Intanto una cosa è chiara fin da subito: la fedeltà dei due al leader del centrodestra. Quanto ai dissidi interni ala maggioranza, il gioco si fa duro. Intanto le elezioni sembrano più una minaccia che una soluzione, poiché invocarle a piè sospinto ed evocarle a mo’ di mantra non fa altro che paralizzare le spinte rivoluzionarie dei ribelli. Chiunque essi siano. I “finiani”, per esempio, vengono additati trai traditori eppure si lascia ancora la porta aperta ad una possibile riconciliazione. Rotondi è politico astuto ma anche onesto, non può smentire le voci che lo etichettano tra gli scontenti (pare infatti che, sebbene sia a tutti gli effetti uno dei fondatori del Popolo della Libertà, se non - come egli stesso ricorda - “l’inventore della lista nel corso di un pranzo di lavoro con Silvio ed il direttore Belpietro”, non abbia ricevuto un invito alla riunione di maggioranza di qualche giorno fa). Vorrebbe parlare dei tanti meriti del governo, ma l’attualità e l’intervistatore Antonio Galdo prendono il sopravvento. E si vira sui rumores che hanno riempito i giornali in queste ore.

Anche Daniela Santanché sa il fatto suo: non si tira indietro di fronte alle critiche di una signora pugliese che muove dure accuse alla classe dirigente regionale. È un fedelissima del capo, ma non lesina le critiche. Teme che Berlusconi stia eccedendo col buonismo, invoca un maggiore dirigismo e più fermezza coi querimoniosi. Le opere realizzate da questa maggioranza - ricorda - sono tante e vanno dalla sicurezza alla lotta alle mafie, dalla soluzione delle emergenze (rifiuti e disastri ambientali) alle riforme nei vari settori: un silenziatore mediatico, o meglio un distrattore, rischia però di appannare i meriti e di mettere in luce le poche pecche. L’acrimonia della sottosegretaria nei confronti del presidente della  Camera è arcinota, comporta la richiesta di dimissioni e la sua cacciata dall’alleanza di centrodestra. Riconosce la Santanché di non esser stata una missina della prima ora, eppure non rinuncia a difendere l’orgoglio delle “tante madri che aspettavano che i propri figli rincasassero dopo esser scesi in strada a difendere le idee che diventano azione”.

La rivelazione arriva per bocca del ministro Rotondi, il quale rivela il seguente retroscena: il premier avrebbe proposto di affidare la guida del partito a Gianfranco Fini, al posto del suo ruolo istituzionale. Il diniego del secondo e lo scontro sui temi etici (uniti alla fuga dei vecchi colonnelli) pare abbia definitivamente incrinato i rapporti tria due cofondatori. Quasi fosse un reality game, probabilmente ne resterà uno solo. Ma chi?