​«Mica vero: non è “ladrona” Roma, è la Capitale e vive i disagi doppi, ha un tasso di vivibilità alto, ma si trova a lottare contro mille disagi. Eppure ne esce a testa alta». Fin qui il dibattito, da qui in poi lo show. Gianni Alemanno è un destro militante, crede nelle “idee che diventano azione”. Passando dalla cavità orale, ovvio: colla proposta di istituire una sorta di contributo a carico dei manifestanti nei cortei che attraversino i sampietrini romani scatena un putiferio.

Il confronto con Gianluigi Paragone (da giovane direttore responsabile del verde quotidiano “La Padania”, oggi promosso vicedirettore di RaiDue, oltre che conduttore de “L’ultima parola” sul medesimo canale) è un ping pong intellettuale niente male. Paragone non ci sta a passare per leghista schierato: da un lato esalta l’efficienza nordista e lamenta le carenze meridionali, dall’altro innesca la miccia di una bomba ancora silente: «il Comune di Milano si troverà inguaiato con la vicenda EXPO 2015: scatteranno inchieste e semineranno il panico, si apriranno lacerazioni profonde ed il centrodestra ne soffrirà». Quanto a “Roma ladrona”: la storia va rispettata, ma bisogna avere il coraggio di cambiarla. Firma Paragone e mima Nietzsche.

Rincara la dose con l’idea del Paese disunito: di certo la retorica non contribuisce a tenerlo insieme. Esagera con le provocazioni, tanto che il padrone di casa Enrico Cisnetto lo invita a “non fare il furbo” e corregge l’esasperazione manichea di Paragone: «il nero ed il sommerso non sono solo in una parte del Paese». Il sindaco dell’Urbe, intanto, si reinventa - per contiguità istituzionale - latinista provetto: il termine federalismo deriva dalla parola territorio. Si dichiara a favore di quello fiscale, si sbraccia nel richiedere la responsabilità delle spese sostenute. Si lamenta del “buco spaventoso” aperto nelle casse comunali dalle rossoverdi amministrazioni precedenti. Il suo motto è: «chi fa default paga», con l’ineleggibilità.

Al robustissimo Davide Desario, giornalista al Messaggero, tocca ristabilire l’ordine. Bisognerebbe non frequentarli troppo i luoghi comuni, gira brutta gente. Roma è una città moderna, accoglie 525 manifestazioni e 25 cortei in soli sei mesi. Ospita ministeri, palazzoni governativi ed uffici centrali. «Dà tanto, ma riceve poco», strepita Alemanno con vis da orator romanus. Non è ladrona, anzi è vittima di furti redistributivi. La soluzione? Starebbe tutta nel binomio magico: federalismo fiscale e Roma Capitale, ovvero una nuova spinta costituente, che venga dal basso e rimetta assieme un’Italia oggi frammentata. Manca il collante, intanto i cocci sono i nostri.