CORTINA RACCONTA -
VITTORIO FELTRI. TUTTO IL RESTO È NOIA
VITTORIO FELTRI. TUTTO IL RESTO È NOIA
Evento del:
06/08/2010 18:00
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Audi Palace
Data articolo:
06/08/2010
Contenuto pagina
Nel giro di sei mesi pare riesca ad annoiarsi di tutto, ha l’abilità di risollevare le sorti finanche del giornaletto della vostra parrocchia, ha cominciato a scrivere con un’Olivetti lettera 22 e non ha mia più smesso, dice di trovarsi a suo agio più con i cavalli che con i colleghi. Nel frattempo uno vorrebbe raccontare la vita di un giornalista che fa discutere e si ritrova a contenere la valanga di groupies ottantenni che litigano e si fingono invalide pur di conquistare le prime file. Non ci sono i Beatles sul palco, niente batterie né chitarre: al massimo tromboni. Si esibisce Vittorio Feltri, intervistato dal giornalista Stefano Lorenzetto.
Ripercorre le tappe di una carriera in prima linea, tra testate e capoccioni. C’è spazio per la politica: si procede con la scientifica distruzione del futurista Gianfranco presidente (fa specie ritrovarselo lì a far da icona della sinistra), si auspica la soluzione elettorale della crisi e si chiosa sul presidente Napolitano (non mi fido dei comunisti, ma neanche degli ex comunisti). Il detonatore è stata un’intervista a tutto campo, datata venti luglio anno domini 2010, in cui il direttore ha dato sfogo al lato più intimo della sua ribollente personalità. Oggi si bissa, e la tensostruttura cortinese è presidiata dalle forze dell’ordine al fine di (quantomeno) contenere l’assalto del pubblico ampezzano. C’è ressa e rissa. Ludibrio e visibilio. Poi c’è lui: Vittorio Feltri, estasi cortinese. Ne ha per tutti: di Crozza dice che non fa ridere, della Dandini sa solo che prende ottocento mila euro l’anno, poi invece scopre di guadagnare quanto il volto della notte di RAI3 e se ne vergogna. Non per la cifra ma per l’equiparazione. Tira fuori dal cassetto storie incredibili e il pubblico pende dalle sue crude labbra. Avrebbe voluto Carlo Rossella come suo vice all’Europeo, su suggerimento di Mario Sechi (citofonare Rizzoli), se mai costui si fosse presentato in redazione, dopo la festa a base di champagne per il nuovo contratto inaugurato e mai frequentato. Imbarazza la sala con un episodio incredibile: Feltri ha voluto assaporare una canna in compagnia del figlio, Mattia (oggi fine notista e divertente redattore alla Stampa di Torino) e ne è rimasto insoddisfatto. Meglio un marlboro, aggiunge. Di sé dice di essere l’ultimo esponente della sinistra in Italia, da giovane (pur di fare il ribelle di mestiere) fu socialista in una Bergamo dove il consenso per la diccì era plebiscitario. Poi ritrovò i suoi amici bigotti in strada a lanciare molotov sessantottine e cambiò mestiere. Si dipinge come l’unico miscredente non anticlericale (ed una bizzoca in sala se ne duole e non glielo manda a dire), ribatte che solo “se sei frocio, ti ordinano sacerdote”. E avanti col trattamento Boffo, su sollecitazione dell‘intervistatore. Si proclama fedele alla Chiesa di Roma giustificandosi così: «una volta Bossi parlò male del Papa e guardate com’è ridotto». È un indomito istrione il Direttorissimo: se gli si chiede di fare il grande passo scendendo in campo, replica a stretto giro: «faccio politica con la mia macchina da scrivere ed ho gran seguito. La politica poi è noiosa, ho già rifiutato una proposta di La Russa per le Europee del 1999. Oggi fa ancora più schifo, impossibile che trionfino le idee. È una guerra di tifoserie, berlusconiani ed antiberlusconiani, che si fronteggiano a colpi di sfottò». Un po’ come si diceva al bar Sport della Juventus: pro ed anti (a proposito, capitolo Moggi editorialista. Feltri confessa di essere in debito nei suoi confronti per avergli sconsigliato l’acquisto del puledro “mezzo azzoppato” Varenne, poi campione del mondo. È per questo che gli ha concesso le colonne sportive di Libero ai tempi della sua direzione).
A chi lo reputa incoerente e palancaio (vuol dire attaccato ai soldi, spiega Lorenzetto) risponde di essere abituato a pensare quello che dice e dire quello che pensa, a chi gli chiede se abbia delle paure non risponde affatto.
Forse una nostalgia, quella per i genitori scomparsi. Ed in questo preciso istante, il Feltri cabarettista si eclissa e lascia il campo al lato umano della penna. In platea cala il silenzio e ognuno riscopre un’emozione. Poi tutto svanisce, c’è la fila per stringere la mano all’eroe bergamasco. E c’è chi, innamorata cotta, reca in dono un omaggio floreale. Al cuor non si comanda, epperò Vittorio è inglese: dimostra i propri sentimenti solo per giornali e cavalli.
Evento correlato: VITTORIO FELTRI. TUTTO IL RESTO È NOIAIl direttore del Giornale fa outing. Abituato a parlare (male, di solito) degli altri, questa volta racconta se stesso, la sua vita, i suoi successi, le sue ansie venerdì 6 agosto 2010 18.00 - Audi Palace
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